Vediamo i principali risvolti della legge 76/2016 per subordinati ed autonomi

La legge 76 del 2016 ha istituito in Italia l’unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione. L’unione si costituisce mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile, alla presenza di due testimoni, e realizza il legame tra due persone dello stesso sesso maggiorenni ed unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità, adozione o matrimonio.
Ma quali sono i riflessi delle unioni civili sui rapporti di lavoro ed i suoi aspetti fiscali e previdenziali? La normativa introdotta nel 2016, con fortissimo impatto sociale, stabilisce che tutte le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e tutte le disposizioni contenenti le parole coniuge, coniugi o termini equivalenti, ovunque ricorrano nelle leggi, nei regolamenti, negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche a ciascuna delle parti dell’unione civile.

La coppia omosessuale potrà, quindi, godere di alcuni vantaggi legati alla eventuale posizione di lavoratore subordinato di uno dei due componenti, alla stregua del coniugato in matrimonio. Alcuni esempi? Il diritto alle detrazioni fiscali per il partner eventualmente a carico (reddito annuo inferiore ai 2.840,51 euro); la spettanza dell’assegno per il nucleo familiare e della pensione ai superstiti in caso di morte; il diritto a beneficiare dei permessi di cui alla legge 104/1992 per assistenza al partner eventualmente disabile; finanche la nullità del licenziamento intimato a causa dell’unione civile (come avviene per il matrimonio dal giorno della richiesta delle pubblicazioni fino ad un anno dalla celebrazione).

Recentissima, poi, anche una circolare Inps (la 66 del 31 marzo 2017) che ha fornito prime istruzioni in merito all’incidenza delle nuove disposizioni normative sulle unioni civili rispetto agli obblighi previdenziali posti a carico degli esercenti attività d’impresa. In pratica, l’iscrizione alla gestione previdenziale di artigiani e commercianti è estesa ai coadiuvanti familiari che sono uniti civilmente al titolare, al pari di quanto è previsto per i coniugi. Ne sono esempio l’articolo 2, comma 2, numero 1 della legge 463/1959 (nell’ambito della gestione previdenziale degli artigiani), che indica “il coniuge” nell’estendere l’assicurazione previdenziale per gli artigiani ai “familiari coadiuvanti”; nonché l’articolo 2, comma 1 della legge 613/1966 che comprende il “coniuge” tra i “familiari coadiutori” obbligati all’iscrizione alla gestione dei commercianti. Anche con riferimento, infine, al campo di applicazione dell’istituto dell’impresa familiare, deve intendersi che il soggetto unito civilmente al titolare dell’impresa familiare venga equiparato al coniuge, con tutti i conseguenti diritti ed obblighi di natura fiscale e previdenziale.

Fuori da questo regime, per il momento, le convivenze di fatto, la cui normativa estende al convivente alcune tutele (in materia penitenziaria, sanitaria, abitativa), ma non introduce alcuna equiparazione allo status di coniuge né estende al convivente, per quanto di interesse, gli stessi diritti e obblighi di copertura previdenziale previsti per il familiare coadiutore.

Nello Giannantonio

 

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