L’Italia al voto per le elezioni politiche. E sono in tanti, tra componenti dei seggi elettorali insediatisi nella giornata di sabato e rappresentanti di lista, i lavoratori dipendenti ad essere coinvolti in questa tornata elettorale.
Come noto, l’attività svolta ai seggi durante le operazioni preliminari, di voto e di successivo scrutinio (che certamente si protrarranno fino alle prime ore del mattino di lunedì 5 marzo) dà diritto a permessi retribuiti dal lavoro (se in quella giornata andava effettuata la prestazione lavorativa) o ad altrettanti riposi compensativi da poter fruire nei giorni successivi a quelli del voto per l’attività svolta nei giorni di astensione dal lavoro. Occorre tuttavia fare attenzione anche a non farsi “attrarre” troppo dall’idea di restarsene qualche giorno a casa magari sfruttando la connivenza di qualche presidente di seggio “amico”…In quest’ottica è fresca una sentenza della Corte di Cassazione del 23 gennaio 2018, la quale ha statuito che la consegna al datore di lavoro di un falso certificato attestante l’attività elettorale da parte di un lavoratore, al fine di vedersi riconosciuto il diritto ad una giornata di riposo compensativo, giustifica la legittimità del licenziamento per giusta causa. Nella fattispecie, il tribunale di Potenza aveva respinto il ricorso di un lavoratore che invocava l’illegittimità del licenziamento intimatogli per aver fruito indebitamente di un riposo compensativo, essendo emerso dall’istruttoria che, nella giornata indicata nel certificato presentato, egli non aveva svolto alcuna attività elettorale. La corte d’appello di Potenza, giudicando sulla proporzionalità della sanzione comminata, aveva ribaltato la sentenza reputando illegittimo il provvedimento estremo del licenziamento. La Cassazione invece, cui si era rivolto il datore di lavoro invocando il fatto che il comportamento del lavoratore avesse oramai leso irrimediabilmente il vincolo fiduciario (presupposto del licenziamento per giusta causa), ha accolto il ricorso stabilendo che la condotta del lavoratore non potesse ricondursi ad un mero disguido o confusione sulla data, né ad una mera assenza ingiustificata, ma al consapevole uso di un attestato falso al fine di usufruire di un riposo non spettante, ipotesi ricompresa nel concetto di giusta causa ai sensi dell’articolo 2119 del codice civile.
Nello Giannantonio