La linea del governatore campano De Luca a proposito della riapertura dei ristoranti dà un po’ il peso del necessario compromesso da trovare per favorire una ripresa “vera” di certe attività. “Se dovessimo aprire lunedì con le attuali linee guida, il 70% dei ristoranti non ripartirebbe – ha detto De Luca nell’ultimo messaggio video -. La Regione Campania vuole aprire invece il 90% dei ristoranti, aprire tutto, ma per arrivare a questo risultato dobbiamo approvare misure diverse che siano meno restrittive. Vogliamo puntare ad avere una distanza di un metro tra i clienti, anziché i due metri previsti dalle linee guida Inail, ma per averlo stiamo elaborando uno specifico protocollo di sicurezza”.

Ecco, ora il problema è far ripartire “veramente” le attività commerciali, quelle ricettive, che – rispetto alle attività produttive – più risentono del peso di protocolli e adempimenti preventivi dovendo aprire le porte al pubblico. E il rischio che tanti decidano, per il momento, di restare ancora chiusi (si pensi ai ristoranti di limitate dimensioni ma anche a piccoli negozi) è ancora elevato. Così come il rischio di essere costretti ad alzare, tra qualche mese, bandiera bianca è purtroppo fondato anche per chi dà lunedì 18 maggio riaprirà i battenti.

Peggio ancora per chi ha personale dipendente. È oggettivo che un inevitabile calo di fatturato, almeno nella prima fase, porterà a non poterne sostenere i costi come prima. I ristoranti apparecchieranno meno tavoli; chi vende abbigliamento dovrà preoccuparsi di sanificare i capi provati dai clienti; il parrucchiere potrà servire un cliente ogni ora; più in generale, da parte dei cittadini ci sarà meno predisposizione all’acquisto di beni non di prima necessità.

Con l’aggravante che chi perderà il lavoro non potrà nemmeno beneficiare della Naspi (la ex indennità di disoccupazione). Il decreto-Rilancio in corso di pubblicazione estende infatti a cinque mesi (a decorrere dal primo decreto del 17 marzo) il divieto di licenziamento per motivi economici. Ma non c’è copertura della Cassa integrazione (anche quella in deroga) fino a tutto agosto per i dipendenti la cui attività lavorativa venga sospesa o ridotta a causa della crisi da Coronavirus. Chi ha già beneficiato delle prime 9 settimane di Cassa consentite dal decreto Cura-Italia potrà allungare il ricorso all’ammortizzatore sociale per sole altre 5 settimane da qui al 31 agosto. E se non ci sarà lavoro, cosa si farà con i propri dipendenti se non si potrà nemmeno licenziare?

Nello Giannantonio