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Parti per lavoro e, se torni in Italia, hai una “dote” anche fiscale

In una Europa senza più troppi vincoli geografici (ed è quanto sottolineano sempre anche i progetti di assunzione “Germitalia” nell’avviare personale sanitario verso strutture tedesche), grazie alla libera circolazione dei lavoratori comunitari, alla praticità ed economia dei voli di linea, all’internazionalizzazione dei percorsi di studi, i lavoratori si ritrovano sempre più spesso a variare la propria residenza fiscale in funzione delle scelte lavorative, accettando l’offerta di un datore straniero, come spesso accade nei programmi di assunzione a tempo indeterminato targati “Germitalia” per infermieri e non solo.

Molti dei ragazzi che partono grazie a questi progetti si creano in Germania una vita anche extra-lavorativa, oltre ad apprezzare le migliori condizioni contrattuali offerte; altri potrebbero benissimo decidere anche di rientrare dopo aver fatto tesoro comunque di un’esperienza e riportandosi in Italia, quantomeno, una pratica lavorativa, un gruzzolo di risparmi, la conoscenza della lingua tedesca e contributi previdenziali validi anche nel nostro sistema. A questo si aggiunge anche una “dote” di natura fiscale, ora più estesa grazie alle recenti modifiche di legge.

Per potere richiamare in Italia i cosiddetti “cervelli”, il legislatore già dal 2010 aveva previsto una serie di vantaggi fiscali a favore di chi rientrasse. Un piano ora rafforzato dal Decreto crescita, in attesa di conversione, che ha inteso semplificare notevolmente i requisiti di accesso ai benefici fiscali riservati ai cosiddetti “impatriati”, rendendo molto più accessibili le condizioni richieste. La misura base dello sconto fiscale è ampliata dal 50% (efficace fino al 2019) al 70%: in pratica, viene tassato solo il 30% del reddito prodotto in Italia da chi ci rientra ed intraprende attività di lavoro dipendente, autonomo o di impresa. La durata del beneficio resta fissata in 5 anni (dal trasferimento della residenza fiscale in Italia fino alla fine del quarto anno successivo) e si passa dal 30% al dimezzamento dell’imponibile fiscale (50%) per altri 5 anni in caso di lavoratori con un figlio minorenne o fiscalmente a carico. Misure ulteriormente rafforzate in caso di tre figli minorenni nel nucleo o di “impatriati” che si trasferiscano nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia: per loro, nel primo quinquennio il reddito imponibile si riduce al solo 10%.

Per godere dell’agevolazione, questi lavoratori non devono aver risieduto in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento (in precedenza gli anni richiesti erano cinque) e si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni (ma senza dover  rivestire esclusivamente ruoli direttivi o di elevata qualificazione professionale). Scompare infatti, nella nuova formulazione della norma, qualsiasi riferimento in merito all’inquadramento e al livello di responsabilità del lavoratore agevolato.

Nello Giannantonio

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