È fine mese, periodo di paga, e milioni di datori di lavoro italiani si stanno confrontando con l’applicazione del nuovo obbligo di tracciabilità dei pagamenti delle retribuzioni che, in base a quanto previsto dalla Legge di Bilancio, è entrato in vigore dal 1 luglio 2018.

Gli stipendi vanno pagati esclusivamente attraverso bonifico, assegno, strumenti di pagamento elettronico o, eventualmente, in contanti ma solo con mandato di pagamento in favore del lavoratore presso lo sportello bancario o postale ove il datore abbia aperto un conto corrente. Come di recente chiarito dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, rientra tra gli “strumenti di pagamento elettronico” anche il versamento degli importi dovuti effettuato su una carta di credito prepagata intestata al lavoratore priva di Iban, purché il datore conservi le ricevute di versamento anche ai fini della loro esibizione agli organi di vigilanza.

Lo scopo della nuova normativa, come noto, è quello di evitare che la retribuzione corrisposta sia inferiore ai minimi fissati dalla contrattazione collettiva (la sola firma della busta paga non equivale più a prova dell’avvenuto pagamento) ed il suo campo d’azione si rivolge ai rapporti di lavoro subordinato (tranne quelli domestici), alle collaborazioni coordinate e continuative e ai contratti di lavoro instaurati dalle cooperative con i propri soci. Sono, invece, esclusi dall’obbligo di tracciabilità i rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni, i compensi derivanti da borse di studio, tirocini, rapporti autonomi di natura occasionale (quindi anche le collaborazioni occasionali con ritenuta d’acconto) mentre l’orientamento prevalente tende ad escludere anche gli eventuali anticipi di cassa erogati durante il mese al dipendente per spese sostenute e documentate.

Sul piano sanzionatorio, nel caso di utilizzo di mezzi diversi da quelli previsti per il pagamento tracciato, è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria a carico del datore che va da 1.000 a 5.000 euro. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, tuttavia, ha avuto modo di precisare che la sanzione è riferita alla totalità dei lavoratori in forza presso quel singolo datore di lavoro. In pratica, la sanzione non si moltiplica per il numero di dipendenti in caso di inadempimento, ma è unica e applicata su base mensile. Avvalendosi del calcolo ai sensi dell’articolo 16 della Legge 689/1981 (un terzo del massimo), la sanzione per ciascun mese in cui si sia protratto l’illecito sarà quindi pari a 1.666,66 euro.

Nello Giannantonio