Il Regno Unito ha dato ufficialmente il suo addio all’Unione Europea ad oltre tre anni dal famoso referendum col quale il popolo britannico espresse la volontà di abbandonare l’UE. Tuttavia, dopo un periodo ancora transitorio, il vero cambiamento per gli italiani e gli altri cittadini di Paesi comunitari scatterà il solo dal primo gennaio 2021. A partire da quella data entreranno in vigore le rigide regole annunciate dal governo Johnson per limitare l’immigrazione.

E chi, ad esempio, vorrà trasferirsi dall’Italia in Gran Bretagna dovrà dimostrare di avere già un’offerta di lavoro o essere un lavoratore specializzato. Porte chiuse, infatti, a chi non sa parlare l’inglese e non ha un curriculum adeguato. La selezione verrà effettuata attraverso un sistema a punti ispirato al modello di immigrazione australiano. Potranno accedere solo i lavoratori con un minimo di 70 punti: i primi 50 saranno assegnati in base a requisiti obbligatori come la conoscenza della lingua e, appunto, l’offerta di lavoro; i restanti si potranno ottenere se si rientra in un settore caratterizzato da carenza di manodopera (20) oppure se si possiede un dottorato (10) coerente col lavoro che si andrà a svolgere.
Ma ci sono altre zone d’ombra nell’avanzare della Brexit, dal riconoscimento dei titoli di studio conseguiti in Paesi Ue (anche in campo sanitario) al fatto che, anche se otterranno il permesso di lavoro per cinque anni, i cittadini italiani ed europei non sono destinati a ricevere sussidi statali e assistenza sanitaria gratuita dal sistema britannico. Ma attenzione anche ad un altro aspetto: gran parte della normativa in materia di lavoro degli Stati membri deriva, oggi, direttamente e indirettamente da leggi comunitarie e pertanto, in Gran Bretagna, si presenta concreto il rischio di un abbassamento delle tutele in materia, ad esempio, di contratti a termine, orario di lavoro, flessibilità, part/time. La questione Brexit, infatti, non si riduce ad una ridotta mobilità dei lavoratori.
Per gli infermieri italiani, ricercati negli ultimi anni con costanza sia dall’Inghilterra che dalla Germania, si profila inevitabilmente una sterzata a favore del paese tedesco, che assume direttamente in Italia (prossime assunzioni attraverso “Germitalia” l’1 e 2 aprile) ed organizza corsi di lingua sul posto (non è necessario già conoscerla prima di partire); che manterrà livelli retributivi e tutele elevate in ossequio alle normative europee; che ha un sistema di agevole riconoscimento del titolo di studio italiano una volta completato il percorso di integrazione linguistica in Germania.
Nello Giannantonio