Il recente tormentone Brexit, come noto, indica l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, così come sancito dal referendum che si è svolto lo scorso 23 giugno 2016. E il 29 marzo 2017 è stata data formalmente attivazione all’articolo 50 del Trattato di Lisbona che definisce la procedura per lasciare volontariamente l’Unione europea. Previsto, dallo stesso trattato, che lo stato uscente trovi un accordo sul ritiro, stabilendo inoltre le basi giuridiche per il futuro rapporto con l’Unione europea: l’accordo deve essere approvato da una maggioranza qualificata degli Stati membri, dopo aver ottenuto il consenso del parlamento europeo.
I riflessi della Brexit – e presumibilmente anche degli accordi destinati a regolare i rapporti con gli stati ancora parte dell’Unione – sono destinati ad investire la vita di quei cittadini comunitari che già lavorano in Gran Bretagna o che si apprestano a farlo. Come nel settore sanitario. La necessità di selezionare personale negli ospedali di Oltremanica, infatti, resta impellente al pari di quella avvertita dalla Germania, attingendo anche tra i numerosi infermieri italiani in cerca di occupazione. “Mancano almeno 20mila infermieri! Quasi un terzo di quelli che lavorano oggi hanno oltre cinquant’anni: che cosa succederà se verrà meno anche l’afflusso dal continente?”: è il grido d’allarme che, in sintesi, circola già sui media britannici.
Assumere un infermiere italiano (o spagnolo oppure portoghese) è un’opzione molto battuta anche dal datore di lavoro inglese. Oltremanica, così come in Germania, è ben conosciuto, infatti, l’ottimo livello di preparazione che le università italiane forniscono ai laureandi. Di recente, nessuna altra categoria professionale in Italia ha conosciuto un fenomeno migratorio di così vasta portata. Negli ultimi cinque anni, gli stessi ospedali pubblici e privati d’Inghilterra, come quelli della Germania, servendosi di agenzie intermediarie o aziende di consulenza e selezione del personale, hanno abilmente intercettato la disperata domanda di lavoro presente in molti Paesi del Sud Europa, tra cui l’Italia, dove, tra blocco del turnover e mancato adeguamento delle piante organiche, cresce costantemente l’età media della forza lavoro, a fronte di una massa di decine di migliaia di disoccupati.
Italiani ed inglesi, però, fino al 23 giugno 2016 erano entrambi cittadini comunitari. Con il sì alla Brexit, la Gran Bretagna non è più in Unione
Europea, le cui normative in tema di libera circolazione dei lavoratori rendevano le procedure di assunzione, di riconoscimento del titolo di studio e di inserimento nel contesto lavorativo più snelle e quindi più economiche rispetto a quelle previste per un professionista di un altro continente. Un lavoratore italiano non aveva, inoltre, bisogno di rinnovare il proprio visto di lavoro. D’ora in avanti, tutto è destinato a complicarsi. Resta stabile e snella, invece, la procedura per le assunzioni di infermieri in Germania. Dopo le selezioni, che periodicamente anche la nostra azienda di consulenza internazionale “Germitalia” organizza (prossimi colloqui a Torre del Greco il 30 e 31 maggio con destinazione Lago di Costanza), il progetto prevede il trasferimento in Germania per la frequentazione di un corso di tedesco – finanziato dalle stesse strutture ospedaliere che assumono – per il conseguimento del livello di lingua B1. Al termine del corso, l’infermiere inizia a lavorare presso la struttura di destinazione come “infermiere in fase di riconoscimento” e, parallelamente, si impegna a conseguire entro un anno anche il livello di lingua B2 per l’inquadramento definitivo come “infermiere riconosciuto” (con riconoscimento del titolo di studio da parte del ministero tedesco) ed il conseguente scatto retributivo ad uno stipendio di circa 2.600 euro lordi mensili.
Nello Giannantonio
(addetto stampa)
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