Lavorare da infermieri con partita Iva (che la cosa sia genuina o nasconda invece un tipico rapporto di lavoro subordinato) può, in prospettiva, arrecare danni ai giovani italiani anche sul piano pensionistico.

Ecco probabilmente spiegato uno dei motivi per cui sempre più infermieri laureati, precari o addirittura senza lavoro nel nostro Paese, decidano di accettare le proposte lavorative che costantemente arrivano da altri paesi europei, come la Germania, dove – oltre ad un inquadramento a tempo indeterminato e con retribuzioni più elevate delle nostre – si possono accantonare anche contributi previdenziali, nella Gestione dei lavoratori dipendenti, da poter poi far valere eventualmente in Italia. Dove attualmente, tra le gestioni previdenziali maggiormente in affanno, ci sarebbe – dopo quella dei giornalisti (il bilancio tecnico dell’Inpgi “reca una previsione di esaurimento del patrimonio già dal 2028”) – proprio quella degli infermieri secondo quanto scrive la sezione di controllo sugli enti della Corte del conti, di recente in audizione alla commissione parlamentare sugli enti gestori previdenziali. Per l’Enpapi – la cassa cui versano infermieri, assistenti sanitari e infermieri pediatrici che esercitano l’attività in forma libero professionale – la Corte ha evidenziato “problematiche relative alla regolamentazione delle convenzioni di investimento, alla valutazione in bilancio degli asset, alla struttura dei sistemi di controllo”. Da qui la sollecitazione al legislatore a fornire, un “assetto normativo uniforme degli investimenti delle casse previdenziali anche sotto il profilo dei documenti illustrativi dei criteri e delle metodologie adottate”. Del resto, come denunciato anche non molto tempo fa da “L’Espresso” con riferimento generale a tutte le casse previdenziali non gestite direttamente dallo Stato, “nei cassetti del ministero dell’Economia c’è un dossier definito da tempo ma bloccato da un letale scontro d’interessi. Riguarda le regole (previste da una legge del 2011) che dovrebbero impedire alle casse pensionistiche private di sprecare i quattrini versati dai lavoratori, bruciandoli in investimenti opachi o sconsiderati. Il regolamento non è stato approvato e nessun obbligo è stato imposto alle casse. I fondi pensione integrativi, quelli dove finisce ad esempio il Tfr di molti lavoratori, sono sottoposti a un rigido sistema di controlli. Le casse previdenziali no, nonostante gestiscano il grosso della pensione futura di due milioni di persone, commercialisti e notai, infermieri e medici, ingegneri e geometri, e così via…”.

Nello Giannantonio